Salvatore Angelozzi e le sue sfide

12 Luglio 2017

Rubrica "L'atletica raccontata"

di Orlando Del Grosso 

“Ah, i nostri giovani non sono come quelli di una volta, le generazioni passate erano meglio…” Questa e altre frasi simili ricorrono molto spesso nel pour parler dell’atletica italiana. Sicuramente queste analisi contengono un sentire derivante da un senso comune, capace di cogliere una parte della realtà, ma non tutta la verità. Un’altra parte della verità, sui nostri giovani, viene affermata oggettivamente quando questi frantumano i record e le migliori prestazioni del passato. L’intervista è dedicata a questa parte della verità, ad un atleta che, ancora non diciottenne, ha frantumato due record regionali che resistevano da più di quarant’anni anni. Anche questo, però, potrebbe risultare troppo riduttivo e, allora, per aumentare la conoscenza sulle capacità della nuova generazione, aggiungiamo che il record nel triplo, l’altro è nel lungo, è stato fatto in un campionato italiano, all’ultimo salto di un campionato italiano e che, con tale salto, il giovane ha vinto il titolo. Ah, dimenticavo…, il 14,95 metri con cui ha vinto a Rieti è anche minimo di partecipazione FIDAL ai Campionati Europei under 20 di Grosseto. Questa è una parte della storia dell’Allievo Salvatore Angelozzi, triplista dell'Atletica Vomano Gran Sasso, allenato dal professor Claudio Mazzaufo e da Marco Di Marco. Ma è anche la storia rappresentativa di una golden age di ragazzi che sta abbattendo record e che sta dando lustro alla nostra regione a suon di titoli e medaglie. Salvatore ha già in bacheca due campionati italiani vinti, 2015 e 2017, un terzo e un secondo posto ai campionati italiani indoor, 2016 e 2017, e una serie di personal best che lo hanno portato ad essere  una dei migliori atleti di sempre della nostra regione. Il passato è glorioso ed è sempre bene ricordarlo, ma il futuro è già qui, e merita riconoscimento.

Ciao Salvatore benvenuto nella nostra rubrica e complimenti per la stagione monstre. Come sempre, un giro… emm, una domanda di riscaldamento. Come mai un marcantonio come te - termine che mutuo da mia nonna -  ha scelto l’atletica leggera? Le qualità le hai, l’altezza pure, la testa pare proprio di sì: in pratica avresti potuto fare qualsiasi sport e, probabilmente, ci saresti riuscito. Allora, perché l’atletica?

Ciao Orlando, grazie mille per i complimenti e per questa intervista che volevo proprio fare, visto che, leggendo quelle dei miei colleghi, mi sono divertito molto. Ho scelto l'atletica grazie al prof Claudio Mazzaufo, che conosco da quando gattonavo. Però, ovviamente, non è lì che ho scelto di fare atletica. Io e il Prof ci siamo rincontrati nel primo anno della scuola media, dove mi insegnava educazione fisica. In quel periodo giocavo a calcio, come la maggior parte dei ragazzi a quell'età. Ma l'occhio vigile del Prof notò le mie capacità durante dei test, e mi invitò a provare l'atletica. Così, per un periodo ho praticato due sport contemporaneamente, fino alla decisione di dedicarmi in pieno all'atletica sia per una questione di risultati che per una questione di fatica. Era veramente faticoso fare entrambe le cose.

Conosci Randy Orton? La stella del wrestling soprannominata The legend killer? Ti senti un po’ come lui? Stai frantumando record che erano leggenda, record che resistevano agli attacchi da oltre quarant’anni. Non usi la RKO come mossa finale, quindi qual'è la tua finisher (mossa con la quale i wrestler chiudono gli incontri)? Parlaci della tua stagione, di quel salto ai campionati italiani, del salto al meeting di Pescara, dei tuoi sogni e delle tue aspettative per il futuro.

Randy Orton per me è una vera leggenda. Lo seguivo da ragazzino con una foga pazzesca. Come facevi a saperlo? Comunque, credo che non mi possa affatto paragonare a lui, anche perché non voglio andare per nessun motivo incontro ad una RKO (risata). La mia finisher si chiama determinazione. La stagione è partita bene con il secondo posto ai campionati italiani indoor, che però mi aveva lasciato parecchia amarezza. Il titolo mi è sfuggito per un soffio! Da lì un infortunio, o meglio, un fastidioso problema a un tallone, che mi ha negato di saltare non solo in gara, ma anche in allenamento fino a due settimane prima di Rieti. Quel salto ai campionati italiani è arrivato dopo una serie in cui sentivo che stavo migliorando ad ogni tentativo, salto dopo salto, riprendendo confidenza con i balzi. Se penso al 13,97 di qualificazione, in cui ho fatto un tuffo carpiato, è evidente che avevo proprio bisogno di balzare, di fare tecnica. Comunque, penso che se non ci fosse stato l’ottimo lavoro di quest'inverno, quel salto non sarebbe mai arrivato. Il Prof e Marco me lo dicevano che valevo quelle misure, ma con quel problema non pensavano fosse possibile farlo lì. Per il resto quel salto è stato per me uno sfogo e una possibilità per riconfermare il titolo di Sulmona del 2015. Passiamo al salto di Pescara. Venivo dalla gara di Teramo, con una certa rabbia repressa data dal fatto che avevo mancato il record per tre centimetri. In  più, volevo provare anche a riconfermarmi sui sette metri. Ci ho messo un po' per registrare le giuste sensazioni. Il ritardo con cui è partita la gara non mi ha di certo aiutato e, all'ultimo salto, mi sono giocato il tutto per tutto, riuscendo a battere il record che, tra l'altro, insieme a quello del triplo, era un obiettivo di stagione. I miei sogni, o meglio il mio sogno, è quello di vestire la maglia azzurra. Credo che per un atleta rappresentare il proprio paese sia il massimo della soddisfazione. Poi, se lo si fa in una olimpiade, è il massimo che si possa desiderare. Per quanto riguarda il mio futuro, vorrei continuare a confermarmi su buoni livelli. Il team c’è, la mia voglia pure, quindi credo proprio che sentirete ancora parlare di me.

Per essere Salvatore Fly Boy Angelozzi a cosa devi rinunciare? Sicuramente, come tutti i tuoi coetanei, hai la “gana” di vivere, come direbbero gli spagnoli. Ma, per essere atleta, ci vuole una grande organizzazione, si deve saper maneggiare i tempi degli interessi e delle amicizie. Raccontaci come è la tua vita quando non ti alleni, e come riesci a essere ragazzo e atleta.

Guarda, a questa domanda rispondo facilmente. Fuori dal campo conduco una vita normale. Come tutti i ragazzi mi piace uscire, andare a ballare e divertirmi. Tutto questo l'atletica non mi vieta di farlo e non è affatto un ostacolo. Certo, quando mi trovo in un periodo di gara o comunque, di interesse sportivo, sicuramente devo rinunciare a qualcosa. Ma fa parte del gioco e sono felice di farlo. Se poi, come sta succedendo, quei sacrifici vengono ben ripagati, allora "ciaone" alla vita mondana (risata).

Sei tra i pochi atleti allenati da più allenatori. Tra i ragazzi intervistati, sei il primo. In altri sport e in altre nazioni questa situazione è la regola, ma in Italia è un tema molto dibattuto. Com’è, essere allenato da più persone? Molti pensano che nel ragazzo si possa creare confusione, mentre io penso che quattro occhi siano meglio di due. Come la vedi? Poi, se ti va, raccontaci qualche aneddoto simpatico accaduto tra te e tuoi allenatori. Vi lanciate sfide, fate scommesse, rituali scaramantici, insomma scegli tu cosa condividere.

Essere allenato e seguito da due persone competenti come il Prof e Marco, è sicuramente una fortuna, anzi, direi quasi un vanto. Io riesco a recepire i consigli di entrambi, perché mi danno pareri concordanti e le visioni con le quali mi fanno vedere le cose vanno sempre verso un punto di arrivo comune. In questo modo non avverto nessuna confusione, anzi, se vogliamo, c’è maggiore chiarezza nella mia mente. Se ci aggiungiamo anche i risultati dei miei compagni di allenamento, direi che la soluzione doppia non è poi cosi male. Sulla questione sfide e scommesse mi trovi preparato, visto che l'ultima sfida risale proprio al meeting di Pescara. Prima della gara avevamo fatto una scommessa. II Prof avrebbe seguito solo Lorenzo Mantenuto, mentre Marco avrebbe seguito solo me. Una sorta di sfida “A Team”. In palio c’era una pizza e bibita da pagare per la coppia battuta: allettante, no? Quindi il Prof ha perso e ha dovuto pagare. Queste sono soddisfazioni (risata). E’ un esempio, ma di questo genere di sfide ne facciamo parecchie anche in allenamento e tutto, onestamente, diventa più divertente.

Molto spesso noi allenatori tendiamo a concentrarci maggiormente sull’allenamento, sulla tecnica, sulla gara, dimenticandoci che il terminale di tutto questo è semplicemente un ragazzo o una ragazza. Secondo te, cosa dovremmo fare in più? Cosa vi dovremmo chiedere che non vi chiediamo abbastanza?

Per quanto riguarda la mia situazione, posso dire di essere seguito sotto tutti gli aspetti. I miei coach mi coccolano abbastanza, senza che mi vengano mai trasmesse ansie di vincere per forza o fare per forza personali. Loro mi incitano sicuramente a dare il meglio, ma senza creare l'obbligo di risultato. Penso che questo sia molto importante, perché lo sport è in primis divertimento, e poi viene tutto il resto. Quindi credo che la domanda da fare sia “ti stai divertendo?”

Chiudiamo come sempre con il gioco della lampada. Ti consegno una lampada di Aladino con cui poter esprimere tre desideri da indirizzare alla FIDAL. Cosa ti piacerebbe vedere cambiato, migliorato, aggiunto? 

Grazie per i desideri, questa parte dell’intervista mi piace un sacco, quindi cercherò di usarli bene! Allora, per partire mi piacerebbe che in Italia l'atletica potesse avere la visibilità che merita. La regina degli sport non può essere trascurata in questo modo. Il fatto che si dia tanto spazio a ventidue persone che corrono dietro  un pallone, è solo una questione di educazione allo sport. Partiamo da lì! Poi, mi piacerebbe che gli impianti di atletica venissero ristrutturati, ma da questo punto di vista, da noi, il nostro presidente Maurizio Salvi, sempre presente e disponibile, ci sta già pensando. A breve a Teramo avremo un pistino indoor che ci permetterà di allenarci anche d’inverno, quando le condizioni meteo sono improponibili. Sembra un di più, ma se si pensa alla lunga nevicata di quest’inverno, periodo in cui non siamo riusciti ad allenarci, si capisce quanto sia importante avere un impianto serio e funzionale. Se a Teramo, avremo questo privilegio, in tante parti d’Italia non c’è neanche la possibilità di allenarsi bene l’estate. Questa, secondo me, è la problematica che più velocemente deve essere risolta.

Infine, l'ultimo desiderio lo utilizzerei per una migliore gestione dei raduni da parte della Fidal. Se pensi che dopo tutti i risultati che ho fatto quest'anno, rischio di non partecipare nemmeno ad un raduno della nazionale, e se ci aggiungi la sfiga tremenda di Nairobi (si scherza ah ah), come dire, qualche sbuffo da parte mia è comprensibile. Si capisce che voglio vestire la maglia azzurra? Ehi, Fidal, quando mi convochi? Io sono qua! (risata)
Grazie mille per l'intervista Orlando, mi sono divertito molto a rilasciarla, e spero di farne un'altra al più presto. Se mi permetti, vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno permesso di conseguire questi risultati. Un grazie al prof Claudio Mazzaufo, a Marco Di Marco e al dottor Fabrizio Capone, che ha curato il mio piede. E poi alla mia società, a Emiliano De Luca, ad Angelo Masci e, infine, un grazie speciale alla mia famiglia.

 

  

 



Condividi con
Seguici su: